Rifiuti, sale la spesa familiare: al Sud cresce del 33% in più

Rifiuti, stangata 2025: al Sud si paga il 33% in più. Catania resta il caso peggiore, ma non l’unico

La TARI 2025 non lascia spazio ai dubbi: la spesa familiare sale ancora e il divario Nord-Sud diventa più evidente. La media nazionale tocca i 340 euro, ma basta muoversi verso il Mezzogiorno per capire che il conto cambia faccia.

Persone che spostano un bidone della raccolta differenziata
Rifiuti, sale la spesa familiare: al Sud cresce del 33% in più (AnsaFoto) – munnezza.it

Qui la crescita raggiunge un +33% rispetto al Nord, un incremento che pesa sul bilancio delle famiglie già sotto pressione per caro energia, inflazione e stipendi più bassi.

La cifra non è solo un indicatore economico: racconta un pezzo d’Italia dove la gestione dei rifiuti costa di più e funziona peggio. La città simbolo resta Catania, che continua ad avere una delle bollette più alte del Paese.

In cima alla graduatoria da anni, rappresenta un caso-limite che evidenzia tutti i problemi strutturali del Sud. All’estremo opposto, Cremona conferma il proprio primato positivo, con una TARI che non arriva nemmeno a un terzo di quella catanese. Due città, due costi, due mondi.

Perché i rifiuti al Sud costano di più

Ma perché il Sud paga così tanto? La spiegazione sta in una catena di fattori che negli anni si è trasformata in un meccanismo quasi automatico.

Il primo è l’assenza di impianti: nel Mezzogiorno scarseggiano strutture di trattamento, compostaggio e termovalorizzazione, e questo obbliga i comuni a conferire fuori regione o addirittura fuori area geografica. Ogni chilometro in più significa costi più alti, dai trasporti allo smaltimento.

un impianto di riciclaggio dei rifiuti a Caivano
Perché i rifiuti al Sud costano di più (AnsaFoto) – munnezza.it

Si aggiunge un secondo elemento, spesso ignorato nel dibattito pubblico: la scarsa raccolta differenziata. Dove la differenziata non supera il 40-50%, la frazione indifferenziata cresce, gli impianti si saturano e i costi lievitano. In molte città del Sud gli standard restano lontani dalle soglie europee, e questo si traduce in bollette più pesanti.

A pesare è anche la struttura urbana: quartieri densamente abitati, strade strette, centri storici complessi da servire. Tutto questo aumenta il costo operativo del servizio. ARERA lo ribadisce ogni anno nei suoi report: i territori con morfologie complicate spendono di più perché la logistica è più difficile da sostenere.

I dati di ARERA e ISPRA: la fotografia reale

Le analisi dell’Autorità confermano che la TARI aumenta soprattutto dove il sistema è inefficiente. Regioni come Sicilia, Campania e Calabria risultano tra le più esposte, e non solo per motivi economici. La rete impiantistica è insufficiente, la pianificazione locale spesso arretrata, e i costi fissi ricadono su un numero ridotto di contribuenti.

Secondo i dati ISPRA, negli ultimi anni il Sud ha fatto passi avanti nella differenziata, ma il ritardo accumulato continua a generare un effetto trascinamento. Per le famiglie significa una cosa semplice: pagare di più per un servizio che, nella percezione comune, non è migliorato in modo proporzionale.

Non tutto è nelle mani dei cittadini, ma esistono margini per risparmiare. Molti comuni prevedono sconti per il compostaggio domestico, agevolazioni per seconde case non utilizzate o riduzioni per chi dimostra un utilizzo limitato del servizio. La difficoltà è orientarsi tra regole diverse da città a città: le informazioni sono spesso poco chiare o disperse tra delibere e regolamenti.

ARERA ha imposto criteri più rigidi sulla trasparenza delle bollette, con l’obbligo di indicare in modo chiaro voci, costi e standard minimi. E in caso di disservizi – ritardi, mancata raccolta, degrado – è possibile presentare reclami formali che obbligano il gestore a registrare la segnalazione e intervenire. Non risolve tutto, ma rende il sistema un po’ meno opaco.

Resta un interrogativo centrale: il costo riflette davvero la qualità del servizio? Per molte città del Sud la risposta continua a essere negativa. La spesa cresce, ma la percezione dei cittadini non cambia. E finché l’equilibrio tra efficienza, impianti e costi non verrà ristabilito, la TARI continuerà a funzionare come un indicatore fedele delle differenze territoriali.

La stangata del 2025 lo dimostra una volta di più: dove il sistema si inceppa, la bolletta diventa lo specchio di un divario che non accenna a ridursi.

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